In una lettera del 23 maggio 1655, il
Podestà di Padova Alvise Priuli,
momentaneamente recatesi ad Arzignano ed
alloggiato presso il castello per ragioni di
straordinaria gravità, informava il
Serenissimo Senato della Repubblica di
Venezia di aver catturato tre dei più
pericolosi sediziosi ritenuti capi et
autori principalissimi delle passate
commottioni, datisi alla fuga attraverso
i monti. Il Podestà, inoltre, affermava che
uno di essi era rimasto ucciso al momento
dell'arresto mentre gli altri due erano
stati immediatamente impiccati nelle pendici
del castello: giusta punizione e futuro
ammonimento per le popolazioni locali.
L'eccezionaiità di questo "fatto d'armi",
spesso sminuito nella sua portata
storico-sociale o addirittura passato sotto
silenzio dagli storici, è oggi fatalmente
richiamato alla nostra memoria da un
significativo ritrovamento. Nell'ultimo
lavoro di restauro strutturale del castello,
infatti, è stata recuperata quella
iscrizione che Oreste Beltrame ci informa
fosse un tempo posta "sotto l'artiglio" del
leone alato, sovrastante la porta che dà su
via Cisalpina: iscrizione scomparsa. Tale
lapide, testimonia ancora il Beltrame,
riportava scolpito il seguente testo: "Aloisius.
Priolus. Patavii. pretor. in. Arcejano. cum.
Senatus. potestate. asilum. tumultuantium.
restituit. in arcem. securitatis. Anno.
MDCLV". Evidentemente, con questa
iscrizione si intendeva ricordare l'opera
giunta a buon fine del Priuli, inviato da
Venezia ad Arzignano quasi moderno
"sceriffo" con pieni poteri e "ampia
auttorità di procedere [...] a quelle
pene di vita, bando perpetuo e diffinitivo
da tutte le città", al fine di "introddur
nella terra medesima la pace e la concordia".
Tale lapide può essere ora ammirata, anche
se mutila purtroppo di una parte, affissa
nel ristrutturato portico della loggia del
Vicario. |