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VICENDE STORICHE DEL CASTELLO DI ARZIGNANO

LA RIVOLTA DI ARZIGNANO [pag 2/4]

Ma veniamo ora ad analizzare brevemente le cause e gli sviluppi di quella rivolta, ricordata dall'antica pietra.
Il 2 maggio del 1655, nella casa del noto benestante Alvise Dalla Negra, era scoppiato uno scontro armato tra quelle due fazioni che, già da alcuni anni, avevano dimostrato di fronteggiarsi apertamente: da un lato i benestanti, appunto, detentori del potere economico e amministrativo della città, dall'altro i cosiddetti plebei, popolo minuto non possidente dedito prevalentemente al lavoro nei campi o all'artigianato. Certo, non si era mai giunti a tanta asprezza: i benestanti, possessori all'epoca non solo delle cospicue ricchezze che l'operosa cittadina poteva fruttare ma anche detentori del potere civile ed, in particolare, del fruttuoso privilegio di riscuotere i tributi dei sudditi arzignanesi alla Serenissima, in quell'occasione furono costretti addirittura alla fuga: il gruppo degli insorti, infatti, dopo aver assaltato le loro abitazioni le mise a sacco, giungendo, in alcuni casi, anche ad incendiarle.
I fatti del 2 maggio, tuttavia, non si limitano a questo: dopo l'assalto dei rivoltosi alle case dei benestanti più rappresentativi, assalto che portò, peraltro, dopo uno scambio di archibugiate, alla morte di un plebeo tra i più agguerriti, una folla inferocita composta, a quanto ci riferiscono le cronache, da ben 800 persone, si diresse verso il castello occupandolo ed impossessandosi delle armi che in esso si trovavano. In tale occasione, non si fece attendere l'intervento del Capitano di Arzignano, il cavaliere Vincenzo Negri che riuscì, in poco tempo, a disperdere i tumultuanti, liberando così il castello assediato, e a far loro deporre le armi.
In effetti, da alcuni anni si era manifestata tra gli amministratori arzignanesi, appartenenti tutti alla classe dei benestanti, una certa insofferenza nei confronti della dipendenza dal Comune di Vicenza, che inviava in territorio arzignanese un vicario con funzioni giudiziarie.
L'insoddisfazione dei possidenti era dovuta ad un loro vivo desiderio di indipendenza, del resto ben noto essendosi questi più volte espressi con il Senato della Serenissima a favore di un podestà mandato direttamente da Venezia, come già avveniva per Marostica e Lonigo. Ciò era probabilmente dovuto al fatto che un simile, auspicato decentramento del potere esecutivo, posto nelle mani di un Podestà con funzioni pretorie, avrebbe permesso agli stessi amministratori locali di aver mano libera nella gestione dell'erario e nella riscossione dei tributi.
L'esasperazione dei plebei, viceversa, era causata da una esagerata pressione tributaria da parte degli esattori benestanti i quali, come ebbe modo di denunciare lo stesso Podestà di Padova in una lettera al Senato di Venezia del 13 maggio 1655, "mangiano quella portione delle rendite di questa communita che loro s'aspetta", atto per il quale i plebei "havendo longamente implorato giustitia mai habbiano potuto impetrare alcuna sentenza".

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