I benestanti, insomma, da molto tempo
utilizzavano ad uso, per così dire,
"personale", il denaro entrante nelle casse
del pubblico erario dagli ingenti dazi e
dalle prebende imposti, in modo
indiscriminato, alla popolazione non
possidente.
Non è quindi difficile immaginare come, per
la popolazione sottomessa che doveva render
conto agli esattori dei suoi magri guadagni,
i vari Dalla Negra o Gianesello, esponenti
più in vista della fazione benestante,
potessero rappresentare, nell'immaginario
collettivo, lo stesso incombente potere
vicentino o veneziano e fossero visti quali
nemici immediati e comuni.
L'ostilità nei confronti delle tasse
veneziane e il diffuso malcontento verso una
situazione che si poneva, per così dire, a
monte della stessa pessima amministrazione
dei conti pubblici arzignanesi, sono resi
manifesti dallo stesso cartello anonimo che,
affisso in più punti della città nei giorni
immediatamente precedenti alla "rivolta
degli ottocento", suonava di esplicito
incitamento alla sollevazione: "Homini d'Arzignan
siate avertiti: il capitanio ha avuto ordine
da venettia, che quando haverete meso da
banda l'arme et sarete disuniti deba fare
pigliare in molte volte cinquanta deli
principali per farli picare e meteli li
altri in galia. Figlioli elegetevi un
capitan bravo et obeditelo, tacate campana
martelo per tuti li comuni et fatevi in sete
oto mille persone, et mandate a dire a li
vostri deputati dela Cità, che volete la
vostra roba, et levano via tutti li dachi de
l'ogio, fromento, masona, ostarie, vin,
seda. Questa città sarà con voi tuti
povereti, et li vostri deputa vi farà
giustitia, e darà la vostra roba, e non
vivarete in tante miserie, non ascoltò pì
nesun per parte del capitanio, perché non vi
arenderano niente, se non fate così sarete
spedii".
È opportuno considerare che i dazi
sull'olio, sul frumento, sul macinato, sul
vino ecc., erano tutte tasse imposte dal
governo veneziano, sia pure in modo
indiretto, su tutto il territorio veneto. Il
lavoro del Podestà Priuli, dunque, mandato
ad Arzignano per sedare la rivolta, non
avrebbe potuto limitarsi a recuperare
l'ordine pubblico semplicemente punendo i
rivoltosi, ma avrebbe dovuto anche
rivolgersi al ristabilimento del prestigio e
dell'autorità della Serenissima su questa
parte del territorio vicentino.
Giunto ad Arzignano il 2 maggio del 1655,
proprio nei giorni immediatamente successivi
ai "fatti di sangue" di cui abbiamo parlato
e ancora nel pieno delle animosità tra le
due fazioni contrapposte, il Podestà Priuli,
appena informato degli eventi, subito si
mise all'opera, al fine di "estinguere
con poco sangue un fuoco che principiava ad
acendersi".
Negato, innanzitutto, il permesso di
riunione ai gruppi delle diverse fazioni e
perseguitati e puniti i capi della
sollevazione, che si erano nel frattempo
rifugiati sui monti, Alvise Priuli avviò un
deciso risanamento delle finanze arzignanesi,
rinnovando l'amministrazione locale. Ciò lo
portò a rimuovere quanto più possibile alla
radice le cause delle discordie.
Opportunamente dispose, intanto, che i
benestanti, i quali si fossero arricchiti a
scapito della collettività, pagassero una
immediata multa di settemila ducati
ciascuno, estinguendo cosi una buona parte
dei debiti della comunità. In un secondo
momento, poi, obbligò gli stessi, divenuti
definitivamente oramai ex-amministratori, al
risanamento delle finanze, restituendo in
diversa proporzione il precedente maltolto e
"restando proibito l'abuso ingiustissimo fin
hora praticato di pagar con il denaro della
communità le gravezze de particolari". |