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VICENDE STORICHE DEL CASTELLO DI ARZIGNANO

LA RIVOLTA DI ARZIGNANO [pag 3/4]

I benestanti, insomma, da molto tempo utilizzavano ad uso, per così dire, "personale", il denaro entrante nelle casse del pubblico erario dagli ingenti dazi e dalle prebende imposti, in modo indiscriminato, alla popolazione non possidente.
Non è quindi difficile immaginare come, per la popolazione sottomessa che doveva render conto agli esattori dei suoi magri guadagni, i vari Dalla Negra o Gianesello, esponenti più in vista della fazione benestante, potessero rappresentare, nell'immaginario collettivo, lo stesso incombente potere vicentino o veneziano e fossero visti quali nemici immediati e comuni.
L'ostilità nei confronti delle tasse veneziane e il diffuso malcontento verso una situazione che si poneva, per così dire, a monte della stessa pessima amministrazione dei conti pubblici arzignanesi, sono resi manifesti dallo stesso cartello anonimo che, affisso in più punti della città nei giorni immediatamente precedenti alla "rivolta degli ottocento", suonava di esplicito incitamento alla sollevazione: "Homini d'Arzignan siate avertiti: il capitanio ha avuto ordine da venettia, che quando haverete meso da banda l'arme et sarete disuniti deba fare pigliare in molte volte cinquanta deli principali per farli picare e meteli li altri in galia. Figlioli elegetevi un capitan bravo et obeditelo, tacate campana martelo per tuti li comuni et fatevi in sete oto mille persone, et mandate a dire a li vostri deputati dela Cità, che volete la vostra roba, et levano via tutti li dachi de l'ogio, fromento, masona, ostarie, vin, seda. Questa città sarà con voi tuti povereti, et li vostri deputa vi farà giustitia, e darà la vostra roba, e non vivarete in tante miserie, non ascoltò pì nesun per parte del capitanio, perché non vi arenderano niente, se non fate così sarete spedii".
È opportuno considerare che i dazi sull'olio, sul frumento, sul macinato, sul vino ecc., erano tutte tasse imposte dal governo veneziano, sia pure in modo indiretto, su tutto il territorio veneto. Il lavoro del Podestà Priuli, dunque, mandato ad Arzignano per sedare la rivolta, non avrebbe potuto limitarsi a recuperare l'ordine pubblico semplicemente punendo i rivoltosi, ma avrebbe dovuto anche rivolgersi al ristabilimento del prestigio e dell'autorità della Serenissima su questa parte del territorio vicentino.
Giunto ad Arzignano il 2 maggio del 1655, proprio nei giorni immediatamente successivi ai "fatti di sangue" di cui abbiamo parlato e ancora nel pieno delle animosità tra le due fazioni contrapposte, il Podestà Priuli, appena informato degli eventi, subito si mise all'opera, al fine di "estinguere con poco sangue un fuoco che principiava ad acendersi".
Negato, innanzitutto, il permesso di riunione ai gruppi delle diverse fazioni e perseguitati e puniti i capi della sollevazione, che si erano nel frattempo rifugiati sui monti, Alvise Priuli avviò un deciso risanamento delle finanze arzignanesi, rinnovando l'amministrazione locale. Ciò lo portò a rimuovere quanto più possibile alla radice le cause delle discordie. Opportunamente dispose, intanto, che i benestanti, i quali si fossero arricchiti a scapito della collettività, pagassero una immediata multa di settemila ducati ciascuno, estinguendo cosi una buona parte dei debiti della comunità. In un secondo momento, poi, obbligò gli stessi, divenuti definitivamente oramai ex-amministratori, al risanamento delle finanze, restituendo in diversa proporzione il precedente maltolto e "restando proibito l'abuso ingiustissimo fin hora praticato di pagar con il denaro della communità le gravezze de particolari".

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