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									All'alba del XV secolo Venezia, dominatrice 
									sul mare, è interessata ormai anche alla 
									terraferma e, mal sopportando compromessi o 
									rivali che si contendono alle sue spalle i 
									territori vicini, con la diplomazia e con le 
									armi in breve tempo inizia la sua espansione 
									nel Veneto e oltre, fin dentro l'odierna 
									Lombardia. 
									Con il patto di dedizione del 28 
									aprile 1404, Vicenza si consegna alla 
									Serenissima, mantenendo però le prerogative 
									del comune vicentino e il controllo del 
									territorio, esercitato attraverso i vicari 
									eletti dalla città. Subito il podestà e il 
									capitanio di Vicenza dispongono che il 
									vicario di Arzignano trovi la sua dimora "in
									rocheta bastite": tale rimarrà fino 
									al 1797, anno della caduta di Venezia. "Ben 
									utile [l'abitazione del vicario nella rocca] 
									specialmente in questo tempo", scrivono i 
									rettori di Vicenza al doge nel 1411, 
									preoccupati pure essi della guerra allora in 
									atto tra lo stato veneziano e l'imperatore 
									Sigismondo d'Ungheria. Nello stesso anno 
									maestro Francesco da Brendola, ingegnere del 
									comune di Vicenza, restaurò il castello di 
									S. Maria aggiornandolo alle novità imposte 
									dall'uso della polvere da sparo: i comuni 
									del vicariato sostennero le spese 
									dell'intervento, compresi Chiampo e S. 
									Giovanni Ilarione, che invano si erano 
									rivolti al doge per ottenere l'esenzione. 
									Con la Serenissima mutò pure la funzione del 
									castello. Se, inizialmente, esso costituiva 
									la base militare per l'esercizio dei poteri 
									signorili, ora divenne la sede del potere 
									civile, amministrativo, giudiziario e 
									sociale. Tutte le attività fondamentali 
									della vita locale vennero quindi 
									concentrandosi verso il castello: Venezia ne 
									sancì un uso che corrispondesse alle nuove 
									esigenze dello stato, non più a quelle del 
									singolo signore. 
									Nel gennaio del 1413, il capitano delle 
									truppe ungheresi Filippo Scolari, dopo il 
									Friuli, tentò un'audace spedizione sui 
									territori di Padova, Vicenza e Verona: il 
									castello di Arzignano non fu risparmiato 
									dall'assedio. La resistenza fu tenace e il 
									giorno di S. Agata (5 febbraio), 
									improvvisamente, i soldati ungheresi si 
									ritirarono: forse "Pippo Spano", diretto a 
									Verona e cosciente di essersi già spinto 
									troppo in avanti, temeva il pericolo di 
									vedersi tagliare la via della ritirata. 
									Filippo Maria Visconti, con la simpatia dei 
									"rebelles vicentini et veronenses", 
									desideroso di riappropriarsi delle città che 
									Venezia gli aveva tolto dopo la morte del 
									padre, nel 1438 inviò nel Veneto il famoso 
									condottiero Nicolo Piccinino: questi si 
									accampò con le truppe lungo la linea Lonigo, 
									Brendola, Montecchio, Arzignano e Trissino. 
									Il cronista Paglierini dice che "il 
									castello di Arzignano [come tulli gli altri 
									in quella circostanza] fu preso d'assalto e 
									saccheggiato". La data 1444, incisa 
									sulla pietra del portale d'ingresso alla 
									rocca, dovrebbe, pertanto, riferirsi al 
									restauro resosi necessario in seguito 
									all'assalto dei soldati del Visconti.  |