Eroe delle guerre d'Ungheria, fedele
servitore e consigliere di re Sigismondo di
Lussemburgo-Boemia, Pippo Spano fu uno degli
avventurieri più celebri del Quattrocento:
le sue burrascose vicende, per un breve
tratto, si intrecciarono con la storia di
Arzignano.
Filippo Buondelmonti degli Scolari detto
"Pippo Spano" era nato a Santo Stefano di
Tizzano, presso Firenze, nel 1369. I
genitori, che vivevano in modo modesto
grazie alla rendita di una piccola
proprietà, lo avviarono presto all'uso
dell'abaco, grazie al quale il giovane
fiorentino dimostrò fin da subito spiccata
attitudine per il calcolo aritmetico.
Successivamente, secondo le usanze
dell'epoca, il padre lo affidò, tredicenne,
ad un imprenditore fiorentino amico di
famiglia in stretto contatto con gli
ambienti mercantili ungheresi: fu proprio
l'abilità dimostrata dal ragazzo nell'arte
del "far di conto" che lo mise in
particolare luce. Così egli sarà
espressamente richiesto dal cardinale
Demetrio Kaplai, arcivesovo di Esztergom,
per il servizio di tesoreria;
successivamente lo stesso re Sigismondo gli
affiderà la sovrintendenza alle miniere
d'oro.
Iniziò così la brillante carriera presso la
corte d'Ungheria dell'oscuro contabile
toscano, divenuto presto profondo
conoscitore dei costumi e delle usanze
nonché attento esaminatore degli ambienti
politici e delle relazioni diplomatiche
locali. Amico fedele e consigliere di
Sigismondo, Filippo apprese presto l'arte
dell'equitazione e le tecniche del
combattimento, abilità che lo portarono,
entro breve tempo, a diventare da
"ragioniere di corte", braccio armato del
re.
Dopo numerose prove di valore come, ad
esempio, il salvataggio dello stesso re
Sigismondo caduto prigioniero, nel 1401,
nelle mani di Carlo III d'Angiò, la fedeltà
al suo signore e l'affermarsi del suo
prestigio in campo militare fecero
guadagnare a Filippo il prestigioso titolo
di ispàn (conte) del territorio di
Temesvàr, da cui, appunto, il soprannome
"italianizzato" di "Spano".
Nel luglio del 1409, Ladislao d'Angiò-Durazzo
re di Napoli e rivale di Sigismondo nella
contesa del trono d'Ungheria, per 100.000
ducati vendette la città di Zara a Venezia.
Tale cessione comportò un immediato
deterioramento dei rapporti diplomatici tra
la Serenissima e la corona ungherese, fino
ad allora rimasti sostanzialmente buoni.
Sigismondo infatti, eletto nel 1410 anche
imperatore di Germania e dei Romani, era
vivamente interessato a quei territori della
Dalmazia che, insieme a quelli del Friuli,
fungevano da importanti luoghi di passaggio
e di collegamento tra i due suoi domini. A
tal proposito, il re d'Ungheria diede
strategico appoggio alla causa di Brunoro
della Scala e di Marsilio da Carrara,
rispettivamente pretendenti delle signorie
di Verona e di Padova, ospitandoli presso di
sé una volta cacciati dal governo veneziano
nel 1404, anno in cui inizia la grande
espansione veneziana nell'entroterra veneto. |