Quando, nel 1311, Cangrande della Scala
marciava su Vicenza, i simpatizzanti
ghibellini portavano, esultanti, gonfaloni e
bandiere: li capeggiava Singofredo di
Arzignano, il figlio di Egano. Nel 1322,
anzi, egli abita a Verona, ove, "in
guaita [ sindacaria | S. Marchi",
detta le sue volontà e, dopo aver ordinato
una bella "archa" per la sua
sepoltura nella chiesa di S. Eufemia degli
Eremitani e aver beneficiato la sorella
Giacomina, abbadessa di S. Tommaso in
Vicenza, nomina suo erede universale "excelsum
Canemgrandem de la Scala", al quale dona
i suoi castelli [anche quello di Arzignano?]
e tutti i restanti beni immobili.
A sua volta, il fratello di Singofredo,
Aldobrandino, nel testamento del 1313
raccomandava i suoi cari ad Alberto,
Cangrande, Federico della Scala e al fattore
scaligero Bailardino Nogarola, nella cui
discendenza la figlia Caterina si era
inserita sposando il nipote. Nel 1315
Beretina da Sarego, moglie di Aldobrandino,
è già vedova e, nella sua abitazione di
Vicenza in Borgo Berga, dettando il suo
testamento, indica i luoghi ove, in quella
data, i conti di Arzignano possedevano
terre: Arzignano, Chiampo, San Pietro "Mosalino",
Nogarole, Altissimo, Marana, Crespadoro,
Montorso, Dureo, Volpino, San Vito di
Brendola, Brendola, Arcole, Brognoligo,
Monselice.
Giacomino di Arzignano, di parte guelfa,
durante la guerra veneto-fiorentina contro
gli scaligeri del 1336, fu a capo di una
insurrezione armata nel vicentino, seguito
dai comuni della valle del Chiampo. Il
trattato di pace del 1339 lasciava Vicenza a
Mastino della Scala e garantiva l'amnistia
al conte ribelle di Arzignano.
In conclusione, si potrebbe dire che gli
Scaligeri, sconfitti definitivamente i
simpatizzanti guelfi e dopo l'estinzione del
ramo ghibellino dei conti Egano, con la
morte di Singofredo diventano praticamente
unici padroni e successori del contado
arzignanese. |