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La processione votiva incontra il suo capitello

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   Dove la strada Calpeda si acquieta in un lungo tratto pianeggiante, ancora nel territorio di Castello, c'è la contrada detta "Dei Pieri". Lì, effettivamente c'era la diffusa tradizione del nome Pietro, e uno degli ultimi è stato Pietro Molon, saggio contadino con la passione de proverbi che anticipavano il mutare del tempo. "Varda S. Matio par capire se 'l tempo tira indrio", soleva dire voltando lo squardo verso la boscosa collina che divide Arzignano da Restena. E proprio nel cuore della contrada c'è un capitello votivo dedicato alla Madonna del Rosario con un affresco ormai perduto, minato nella sua integrità, lasciava intendere da tempo la necessità di un urgente lavoro per la sua salvezza.

A Castello si fanno le cose con serietà e lungimiranza, basti ricordare l'imponente, esemplare lavoro di restauro della Rocca Scaligera. Così per questa piccola costruzione devozionale lungo la strada che dal Poggio di Giano scende al torrente Guà e a Tezze, passando da Sant'Antonio, la contrada che ha dato i natali allo storico Vittoriano Nori. E' anche la strada che viene percorsa dalla processione votiva più volte raccontata anche in queste cronache. Ma domani, "li reggenti et li popolani come li armigeri e le dame", giunti ai Pieri avranno una piacevole sorpresa. Dopo il sapiente restauro del capitello, ecco la realizzazione dell'affresco del grande artista Vico Calabrò, con il sostegno appassionato di Gianni Signorin, castellano per amore.

Calabrò, specialista anche in affreschi (e qui vale ricordare la monumentale opera della chiesetta sul poggio tra Chiampo e San Pietro Mussolino, opera per la quale ha sofferto tante amamrezze, senza ricevere nemmeno un "grazie" dai committenti) ha portato a termine il lavoro proprio in questi giorni dopo aver raccolto i "desiderata" degli abitanti e aver discusso tutta l'impostazione con l'arciprete don Alvidio Bisognin. E' sempre la Madonna del Rosario, secondo un'iconografia consolidata, ma con l'apporto di quella magia delle forme e dei colori che il sensibilissimo pittore di Pieve di Cadore, naturalizzato vicentino, rileva sempre e ovunque nelle sue opere.

Così, superato lo stretto "valico del Turgido", detto così da una leggenda del vento che tormenta gli imponenti pini di un parco sulla displuviale, la processione votiva diretta alla chiesa di Sant'Agata di Tezze, prima di venire stordita dagli spari dei "difensori delle mura" (i cacciatori locali che una volta tanto si scatenano senza minacce venatorie), sosterrà davanti alla tenerezza del ritrovato capitello. E, per favore, che nessuno chiami edicola.

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