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Lettera in readazione pubblicata su La Voce dei Berici - marzo 2003

Bandiere della pace

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Egregio direttore,
     un parroco del mio paese, Arzignano, ha posto la bandiera della pace proprio nel giro dell'abside, accanto alla sede, in presbiterio.
La gente della parrocchia ha applaudito a questo gesto d'amore e di coraggio. Dalle finestre di moltissime canoniche sventola la stessa bandiera e non è raro vederla anche sui portali delle nostre chiese.
     Bellissima, la prima pagina del nostro settimanale con i balconi fioriti d'arcobaleno, come la stupenda copertina di Famiglia Cristiana. Tutto ciò mentre nella prima pagina di Verona fedele, il direttore esprime il suo confuso dissenso nei confronti delle bandiere e dei movimenti pacifisti. Avrà ricevuto ordini da Berlusconi, dato che tra Mediaset è Nuova Rai, il direttore veronese è sempre davanti alle telecamere a dissertare di tutto con tutti, dimenticando volentieri di essere un sacerdote cattolico.
     La "minaccia destabilizzante e antigovemativa" che il Governo cerca di far vedere nelle bandiere pacifiste che avvolgono l'Italia, esprime pienamente l'ipocrisia che in questi mesi sta inserendosi in tutte le istituzioni italiane sottomesse al potere dell'arrogante "piccolo imperatore" di Arcore.
Ma sfugge a molti un fatto che invece è angosciante, minaccioso.
     Nessuno può negare che la bandiera della Lega sia stata inventata per esprimere il distacco dell'Italia Settentrionale dal resto della Nazione. Perciò è un simbolo anti italiano. E questa bandiera con la ruota, verde in campo bianco o bianca in campo verde, è diventata un fatto maniacale per i leghisti ora al potere. Bossi è perennemente in cravatta verde e i suoi devoti girano addobbati in vari modi, compresi i ministri e i sottosegretari che hanno giurato sulla Costituzione italiana per dire subito che, mentre giuravano davanti a Ciampi, pensavano di giurate per la repubblica padana.
     E se prima poteva essere comico, quasi carnevalesco, vedere le donne con le sciarpette verdi o addirittura in grotteschi completini dello stesso colore, e gli uomini in camicia verde con il fazzolettino delle ruotine pendere costantemente dal taschino della giacca, ora che questi separatisti si stanno impossessando di tutto ciò che sta intorno a noi,  il fatto diventa angoscioso, drammatico per il nostro futuro di uomini liberi. Ci sono perfino i Cattolici padani, nella capillare organizzazione leghista che è riuscita a intaccare anche l'integrità morale degli alpini in congedo con l'organizzazione delle Penne verdi: uomini anziani che con il cappello alpino marciano nelle adunate della Lega inalberando il cartello "Dime can ma no talian". E basti per tutte la strampalata figura del sindaco di Treviso che ora si vorrebbe additare come esempio per il prossimo primo cittadino di Vicenza.
     E chi si erge a difendere, non si sa da chi, il cattolicesimo padano? Borghezio, quell'essere spregevole che va a disinfettare i sedili dei treni dove siedono i lavoratori stranieri, che lui chiama bestie.
     Perciò, l'attacco governativo alla bandiera della pace, ora che dallo stesso Governo sta arrivando la devolution (termine celtopadano...), è una furbesca deviazione del reale pericolo per l'Italia, pericolo da materializzare nel simbolo della bandiera con la ruota, bandiera minacciosa che ci ricorda purtroppo altri vergognosi simboli dell'intolleranza e del razzismo.

 

Risposta del direttore
Con il linguaggio che gli è proprio Bepi De Marzi fa riflettere su un dibattito vivo e diffuso nelle nostre comunità. Una bandiera sta diventando "segno di contraddizione".

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