Castello d'Arzignano. Allora, Bach. Solo Bach. Oh, poter trovare il
tempo per le Cantate nelle nostre chiese senza più canti. Tagliare le omelie che
girano intorno alle filastrocche e cantare, e suonare, e danzare, e battere le mani. E
cercare buoni testi, la poesia.
Per la mostra di Vico Calabrò "La vicenda biblica di
Tobia", l'arciprete di castelto ha aperto ancora una volta la
Rocca-canonica. Ha un nome cinguettante, l'arciprete: Alvidio Bisognin. È
diplomato in Composione corale e direziono di coro, ma per la musica in chiesa fa lavorare un laureato in filosofia, Stefano Frighetto, succeduto
all'ispirato e saggio Ferruccio Dalla Benetta, direttore del coro parrocchiale per vent'anni. E quanti corali, e mottetti,
e salmi, soprattutto salmi. Proprio come Cantate senza la fretta diffusa
ovunque nei mattini domenicali. Le prediche di Don Alvidio non superano
mai i sei minuti.
Nella Rocca-canonica, Vico Calabrò espone dieci grandi
dipinti sulla storia di Tobia. Si percorre la mostra con i commenti di Giovanni Battista
Borsato, e s'impara ad attualizzare la Bibbia, perfino a cogliere la vergogna della montante xenofobia di
certi nostri cattolici settentrionali.
È Bach? Ma perché Bach? Intorno all'evento pittorico sono stati proposti dalla
comunità castellana tre concerti molto unitari. Ed ecco il terzo, di lunedì scorso, nel
Salone d'onore della Rocca-canonica. «Meglio una Cantata piuttosto di una brutta predica», dice don Bisognin della Musica.
L'Offerta Musicale è l'ultima provocazione del "vecchio Bach".
Con Thema Regium, una banale stramberia di Federico II, Bach dimostra di saper inventare
musica-musica, non confezioni ruffiane per il re di Potsdam. E Francesco
Finotti, lunedì sera, ha suonato uno dei più tortuosi e luminosi
momenti di questa Offerta che pochi hanno la capacità di proporre: il
Ricercare a Tre. Una sola tastiera un solo incisivo registro, e il
clavicembalo diventa un organo. Questo, nel cuore del concerto che ha
visto protagonista la violinista bellunese Myriam Dal Don.
Di questa ragazza si conoscono le grandi doti e i grandi
successi, anche con celebri orchestre sinfoniche e complessi
cameristici. Insegna in un lontano conservatorio mediterraneo, dove è
docente anche il nostro vicentino Marco Tezza, affettuosamente presente
al concerto castellano. La Dal Don ha propostoLa tre Sonate di Bach, tre grandi opere del tempo di Kothen.
Impostate sui quattro movimenti ideali, con una introduzione meditativa, un primo tempo corposo, un sereno arioso centrale e un
finale vivacemente fugato, sono state "le Cantate" ideali a corredo della storia di quel Tobia che, vivendo da esule, ha trovato la felicità nell'apertura a tutte le emozioni senza timori e senza barriere
culturali di religione. Bach, a Kotheh, non aveva obblighi di musica per il servizio liturgico. Ed eccolo trasformare il suo lavoro in un continuo "canto" strumentale con il cuore alle
indimenticabili Cantate che nel faticoso e mortificante tempo di Lipsia ritroverà
come utile memoria produttiva.
Myriam Dal Don ha liberato la sua bravura con il sostegno magistrale di
Francesco Finotti. L'archetto della celebre violinista ha avuto proprio quelle "agili pressioni
bachiane" che Karl Richter raccomandava ai suoi collaboratori di Monaco, moto tempo prima che si diffondessero le
maniacali grattugie pseudobarocche dei filologi e le ridicolaggini del "non vibrato". La
musicista bellunese, che a Vicenza ha eseguito pochi anni fa anche i difficili
Concerti di Tartini, ha tenuto perfino in conto, con rara intelligenza, le esigenze dell'ambiente, dimensionando il cantare violinistico
nello spazio armonioso dei buoni legni che corredano il grande salone
del castello.
Salone strapieno di castellani e di ospiti, che alla fine, dopo il bis con un ulteriore "tempo"
bachiano da un'altra Sonata, hanno percorso, negli spazi della Loggia,
la bene illuminata e suggestiva Storia di Tobia del grande Calabrò.
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